Musical Kenningar

 

Quasi tutti i miei pezzi più recenti abbondano di suoni concreti. Un tale abuso si può spiegare naturalmente con il fatto che essi sono un arricchimento del vocabolario musicale inestimabile e contengono una bellezza che spesso può superare quella del suono prodotto da qualsiasi strumento musicale.
Ma l'uso quasi compulsivo di questi suoni si spiega anche con il tentativo di creare delle metafore sonore, delle Kenningar musicali.

Devo confessare la grande fascinazione che hanno sempre avuto per me le Kenningar, figure retoriche che consistono nel definire un singolo sostantivo grazie all'impiego di una serie di immagini verbali. Di kenningar abbonda la letteratura norrena (ad esempio il Beowulf e l'Edda di Snorri).
Scrive Jorge Luìs Borges a proposito nel suo saggio ad esse dedicato: "Quel che [i versi] cercano di trasmettere è indifferente, e non suggeriscono nulla. Non invitano a sognare, non suscitano immagini o passioni; non sono un punto di partenza ma di arrivo. Il piacere - un piacere sufficiente e minimo - sta nella loro varietà, nell'eterogeneo contatto delle loro parole".  
Possiamo prendere come esempio il verso di Egil Skalagrimsson: "I tintori dei denti del lupo prodigarono la carne del cigno rosso. Il falco della rugiada della spada si cibò degli eroi della pianura. Serpenti della luna dei pirati adempirono la volontà dei Ferri".
Scrive Borges: "I Ferri sono gli dèi; la luna dei pirati, lo scudo; il suo serpente, la lancia; la rugiada della spada, il sangue; il suo falco, il corvo; il cigno rosso, ogni uccello sporco di sangue; la carne del cigno rosso, i morti; i tintori dei denti del lupo, i guerrieri fortunati. La riflessione ripudia queste trasformazioni. "Luna dei pirati" non è la definizione più necessaria richiesta dallo scudo. Questo è indiscutibile: ma lo è altrettanto il fatto che "luna dei pirati" è una formula che non può essere sostituita da "scudo" senza perdita totale. Ridurre ciascuna kenningar a una parola non significa eliminare incognite, significa annullare la poesia".

Devo inoltre confessare il mio amore per l'opera di un grandissimo regista, il georgiano Sergei Paradzanov. Il suo cinema abbonda di metafore visive astratte, sembra quasi che egli sia più interessato a creare stimoli visivi inediti, attraverso collages di oggetti rari e preziosi, che a raccontare una storia. Tutte le immagini che Paradzanov usa non hanno alcuna connessione logica ma generano, grazie al loro accostamento apparentemente arbitrario, impressioni e sentimenti potenti.