Photogrammes (2002) per quartetto d'archi

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Photogrammes (2002) per quartetto d'archi

Tre nuclei sonori indipendenti ruotano l'uno intorno all'altro, inscritti in orbite che si avvicinano fino a sovrapporsi:
una lama sonora arrugginita la cui superficie diventa sempre più corrosa, attraversata da una scia di glissandi;
un fondo liquido dai contorni confusi, lenta manovra di sintonizzazione di una radio immaginaria che restituisce alla fine del pezzo il segnale nella sua definizione perfetta;
un tema rigorosamente microtonale che si sviluppa su intervalli sempre più ampi, e che a ogni sua esposizione si riverbera gradualmente in otto timbri fondamentali, declinati da un codice ritmico esposto lentamente, un elemento alla volta.
Simile a uno strumento telegrafico o a un ago che cuce un ornamento fatto di punti, il codice ritmico articola, nella sua lettura progressiva e intermittente e secondo una successione modellata sulla permutazione circolare, in stratificazioni sempre più dense, tutti i tre sistemi sonori. Essi sono sottoposti a un processo di trasformazione che ricorre alla modulazione concentrica (ogni timbro accoglie al suo interno prima un timbro differente, poi due, fino a sfrangiarsi in tutti gli altri sette timbri - o più precisamente un timbro si sfrangia in un altro timbro che si sfrangia in una altro timbro e così via), e a una progressiva diminuzione ritmica, sia del codice sia delle modulazioni.