Lecture "Violino e corpi metallici"

Lecture tenuta presso l'Institute for Electronic Music and Acoustics (IEM), University of Music and Performing Arts, Graz.

 

Buon pomeriggio, grazie per avermi invitato, sono onorato di avere avuto questa opportunità per parlare con voi del mio lavoro.
Domani ascolterete in concerto un mio pezzo elettroacustico, La rosa incarnata del suono.
La rosa incarnata del suono è frutto di una ricerca che ho svolto in duplice direzione, e cioè sui suoni provenienti dalla sollecitazione di un determinato tipo di corpo metallico, il ponte di una nave che gratta il molo trascinato dal moto della risacca, e dal violino, in particolare dalla quarta corda di questo strumento, suonata con grossa pressione nei punti in prossimità dei nodi della corda.
Inoltre, ne La rosa incarnata del suono sono presenti diversi suoni concreti, o immagini sonore.

Il mio discorso di oggi si concentrerà proprio su questi tre temi, che sono le costanti del mio lavoro e della mia ricerca.

La "nebulosa sonora violacea e sinuosa, fragile e onirica" di cui parlo nella presentazione del pezzo è ricavata, come ho accennato, dagli stridii del ponte di un traghetto. Come potete immaginare ogni nave suona in maniera diversa, e anzi il suono che ascolterete, per me così suggestivo, ho finora avuto modo di constatare, dopo lunghe sessioni di registrazione notturne, che riesce a produrlo solo un traghetto, e solo con determinate condizioni di vento e di correnti, e solo se la superficie del molo è ricoperta di una piattaforma di metallo. I campioni registrati sono stati elaborati con semplici tecniche di Spectral Processing. I software che ho usato sono stati Csound e Audiosculpt.   
 
I suoni provenienti da corpi metallici sono già stati in passato al centro del mio interesse. Ad esempio, una volta registrando una nave che abbassa l'ancora a mare, senza averne intenzione ho raccolto anche i suoni di alcune molle di acciaio in torsione in prossimità dei microfoni (sono molle che servono ad ammortizzare gli strappi delle barche ormeggiate al molo). Lavorando in seguito con le tecniche di cui ho già parlato prima sui campioni registrati, ho scoperto che le molle di acciaio, ogni volta che erano sottoposte, a uno sforzo producevano dei suoni molto affascinanti, molto probabilmente dovuti a una frattura delle molecole dell'acciaio (stando a quanto mi ha spiegato un amico ingegnere).
Vorrei farvi ascoltare alcuni estratti di questo pezzo di quasi 10 anni fa, tutto ricavato da un suono di 5 secondi registrato purtroppo con un semplice minidisc, abbinati a due video.
Il primo è di Samantha Clark, una filmmaker di Edimburgo, che ha realizzato un video ricavato da pattern di luci riflesse sulla superficie di un fiume, intitolato Sodium Mercury Tungsten Halogen Neon: (segue video).

Il secondo è di Reynold Reynolds, un filmmaker americano con cui ho avuto modo di collaborare a Berlino, e documenta la demolizione del Palast der Republik, quello che era il Parlamento di Berlino Est prima della caduta del Muro. Il poeta berlinese Gerhard Faulkner è autore della poesia. La voce che ascolterete è quella del poeta stesso.
Qui i suoni ricavati dalle molle di acciaio sono montati insieme a suoni del violino e a suoni sintetizzati: (segue video).


Vorrei ora passare a un altro tema che mi sta molto a cuore, vale a dire la ricerca sugli strumenti ad arco, in particolare sullo strumento sul quale mi sono formato e che ho studiato: il violino, strumento stupendo, con un repertorio fra i più belli e significativi. Avere la possibilità di suonare opere di Bach, Corelli, Schumann, Schubert, Paganini è una fortuna, e veramente non potrei rinunciarvi e dedicarmi solo a comporre la mia musica. Sinceramente, non penso che la mia musica potrebbe bastarmi.

Eppure, come sicuramente molti di voi e molti prima di noi, non posso ignorare che il suono è qualcosa di molto più ampio di un do o di un fa, mezzopiano, forte, staccato o legato che siano. Da molti anni svolgo un lavoro di ricerca sul violino, strumento privilegiato anche nel campo della sperimentazione: arco e corda sono due mezzi estremamente flessibili e duttili. I primi suoni "nuovi" sono spuntati fuori per caso, mentre studiavo il repertorio tradizionale. Erano i classici errori, da cui tenersi alla larga e da evitare con uno studio rigoroso. Siccome li trovavo altrettanto belli ho però iniziato ad esplorarli in maniera sistematica, ricorrendo quasi sempre a tecniche esecutive non tradizionali.

Queste sono le riflessioni che mi sento di fare sul suono che è frutto della ricerca su uno strumento, o su qualsiasi altro tipo di sorgente sonora, e che non hanno nessuna pretesa di originalità.
Il suono "altro" è sempre uno scandalo.
E' uno scandalo per i seguenti motivi:
 - è un suono non ancora identificabile o codificabile, quindi non riconoscibile;
 - è primitivo, grezzo, e per questa ragione vicino più alla natura che alla "civiltà";
 - è un suono che sembra esistere autonomamente, come un minerale che riposa fra le rocce, con un profilo già proprio. Al compositore/esecutore talvolta è richiesto un grande sforzo per scovarlo e portarlo alla luce, ma una volta trovato egli non può che mettersi da parte. Una melodia o un accordo nascono da una successione o sovrapposizione di note che il compositore inventa ed elabora; il suono, nel momento in cui nasce, è già opera musicale, al compositore resta solo da dargli un carattere musicale ed organizzarlo nel tempo;
 - poichè esso è in parte aleatorio - non sempre la corda (nel caso del violino) reagisce allo stesso modo - esso non è sempre afferrabile, e quando compare i suoi connotati non hanno sempre tratti precisi o che ritornino con puntualità. Insomma non è dato di aspettarsi che si comporti sempre allo stesso modo;
 - essendo una materia con identità, variazioni e personalità infinite, esso esige che chi lo manipola uccida ogni volta se stesso e rinunci a sua volta, anch'egli, ad una identità precisa, perchè l'unico modo di comporre è quello di provare stupore di fronte a qualcosa che poco prima neanche si supponeva esistesse. Nel momento in cui il compositore rinuncia alla ricerca e alla sperimentazione il suono appassisce, perchè per essere vivo ha bisogno di una dialettica e di una scintilla perenni;
 - inoltre pone vari problemi di definizione e soprattutto questioni pratiche: innanzitutto se esso sia un suono o un errore, uno scherzo della natura, che genere di suono sia, che uso se ne possa fare, che esecutori possa avere, quanto tempo e quanti soldi siano necessari per permettere a un musicista di imparare un pezzo fatto di tali suoni, ovvero di imparare quasi da capo a suonare lo strumento, che pubblico possa avere, che incasso possa procurare.

Come ci si può immaginare un suono del genere non ha vita facile. Eppure esso è un bene prezioso, che andrebbe protetto.
Ed è qualcosa di veramente speciale, perchè lavorare su questo genere di suoni significa per forza lavorare sulla materia: nel mio caso la corda va educata con calma e perseveranza, quasi perseguitata perchè inizi a rispondere. Sollecitandola in uno o più punti con l'arco e con la mano sinistra, con uno o più gradi di pressione, il nuovo suono prenda forma. Il processo di apprendistato della corda, della materia può durare se non all'infinito molto a lungo, e durante questo apprendistato spesso prendono vita più suoni, anche molto diversi fra di loro, perchè a ogni fase della trasformazione della materia corrisponde un suono diverso da quello sorto precedentemente. Forse sarebbe possibile perfino comporre un pezzo intero ricavando i materiali più eterogenei da una solo punto della corda.
 
Affascinato da tutto questo ho iniziato a pensare a una serie di pezzi per violino, ognuno dei quali partisse da un personaggio sonore e ne approfondisse le caratteristiche. Cercando una metafora che esprimesse tutti gli aspetti del suono citati in un primo momento avevo pensato alla figura del Brigante, presente nell'Italia meridionale post Risorgimentale, figura spesso eroica di ribelle, emarginato, perseguitato, che viveva di regole proprie, nascosto nei boschi.
Poi qualcuno mi ha fatto notare che si trattava pur sempre di criminali e assassini.
Per cui mi è tornata in mente una vecchia lettura, vale a dire un saggio di Jung sulla Psicologia dell'Archetipo del fanciullo.
E' ancora un work in progress del quale vi mostrerò vari estratti accompagnati dalla proiezioni del testo.
Il fanciullo in questione, per me, è chiaramente il suono. Il testo non va preso alla lettera, ogni idea non deve per forza corrispondere a qualche aspetto del suono, è semplicemente una fonte di suggestione per ispirarne una diversa chiave di lettura.


Ne La rosa incarnata del suono compaiono anche materiali concreti di diversa natura. Come ho scritto nelle note di presentazione queste immagini non hanno nessuna intenzione di narrare o suggerire una storia, ma hanno lo scopo fine a se stesso del piacere che il loro reciproco contatto genera.
A tal proposito devo confessare la grande fascinazione che hanno sempre avuto per me le Kenningar, figure retoriche che consistono nel definire un singolo sostantivo grazie all'impiego di una serie di immagini verbali. Di kenningar abbonda la letteratura norrena (cfr. Beowulf e Edda di Snorri).
Scrive Borges a proposito nel suo saggio ad esse dedicato: "Quel che [i versi] cercano di trasmettere è indifferente, e non suggeriscono nulla. Non invitano a sognare, non suscitano immagini o passioni; non sono un punto di partenza ma di arrivo. Il piacere - un piacere sufficiente e minimo - sta nella loro varietà, nell'eterogeneo contatto delle loro parole".  
Ad esempio, il verso di Egil Skalagrimsson: "I tintori dei denti del lupo prodigarono la carne del cigno rosso. Il falco della rugiada della spada si cibò degli eroi della pianura. Serpenti della luna dei pirati adempirono la volontà dei Ferri".
Scrive Borges: "I Ferri sono gli dèi; la luna dei pirati, lo scudo; il suo serpente, la lancia; la rugiada della spada, il sangue; il suo falco, il corvo; il cigno rosso, ogni uccello sporco di sangue; la carne del cigno rosso, i morti; i tintori dei denti del lupo, i guerrieri fortunati. La riflessione ripudia queste trasformazioni. "Luna dei pirati" non è la definizione più necessaria richiesta dallo scudo. Questo è indiscutibile: ma lo è altrettanto il fatto che "luna dei pirati" è una formula che non può essere sostituita da "scudo" senza perdita totale. Ridurre ciascuna kenningar a una parola non significa eliminare incognite, significa annullare la poesia".
Ma soprattutto devo confessare il mio amore per l'opera di un grandissimo regista, il georgiano Sergei Paradzanov. Per l'occasione voglio mostrarvi una selezione brevissima di scene tratte dal suo capolavoro, Sayat Nova.
Come potete vedere, tutte le immagini che Paradzanov usa non hanno alcuna connessione logica ma generano, attraverso il loro accostamento disconnesso, impressioni e sentimenti potenti. Questo è quello che vorrei fare con la mia musica.

Ora, prima di presentare il mio prossimo progetto, anch'esso in progress, devo premettere che esso è nato con il desiderio, velleitario in partenza, di imitare perlomeno lontanamente un simile linguaggio e una simile estetica. Per me sarebbe già motivo di felicità.
Il progetto in questione è una Via Crucis. Perchè una Via Crucis? perchè, nonostante non posso dire di avere una spiccata religiosità o di essere un credente, per chi è nato nel sud Italia la storia di Gesù rappresenta ciò che per un tedesco rappresenta la Canzone dei Nibelunghi o per un greco l'Odissea, e cioè una favola, e come ogni favola racchiude una miniera di immagini sature di memorie, simboli, impressioni, riletture, travisamenti, svuotate quasi di ogni significato religioso.   
Essendo il significato sospeso esse sono perfette per essere nuovamente ricreate e ridefinite tramite l'"eterogeneo contatto" di nuove immagini, in questo caso immagini musicali, nel mio caso suoni concreti, suoni del violino e suoni sintetizzati.